Del viaggio che ho fatto l’anno scorso in Portogallo, ho molti ricordi positivi. Per circa una settimana, sono stata coinvolta nei colori, nei suoni e nell’architettura di questo paese. Mi piacerebbe trasmettere con questo articolo anche solo una piccola parte di quello che mi ha lasciato.

Alla scoperta delle città medioevali portoghesi

Non appena atterrati a Porto, c’è giornata di sole splendente. In contrasto con il grigio di Milano, respiriamo già un po’ di aria di vacanza.
Il primo giorno è dedicato alla visita di Guimaraes, un villaggio che fa parte del Patrimonio nell’Unesco, esempio autentico ed eccezionalmente ben conservato di evoluzione di un insediamento medievale in una città moderna. Questo grazie ad un processo di urbanizzazione lenta, che ha preservato l’atmosfera di borgo antico pur aggiornando il sistema viario e dei servizi.

Guimaraes, un villaggio medioevale


Il giorno successivo ci spostiamo ad Óbidos. Si tratta di una città medievale situata all’interno della subregione Ovest del Portogallo e relativamente piccola, tanto che tutti i luoghi di interesse possono essere facilmente visitati in poche ore. Questa città pittoresca prende il nome dal termine latino oppidum (città fortificata), infatti è circondata da imponenti bastioni.
Quello che mi ha immediatamente colpito è l’implantazione sul sito: la città è raggruppata in un agglomerato denso di case candide e fiori colorati, connesse da una serie infinita di piccoli vicoli, in contrasto con i le grandi distese verdi appena al di fuori delle mura. Internamente, il traffico è vietato, ed anche per questo la città è stata incredibilmente ben preservata dai misfatti del tempo.

Vista di Obidos dalle mura

L’accesso al paese avviene attraverso due ingressi sfalsati per impedire un assalto diretto e abbastanza bassi in modo da impedire aggressioni a cavallo. L’ingresso contiene una bella cappella piastrellata che si affaccia sulla strada principale. Le piastrelle smaltate blu e bianche del diciottesimo secolo, chiamate « Azulejo », rappresentano la passione di Cristo, mentre il soffitto rappresenta la corona di spine.

L’ingresso di Obidos rivestito di pistrelle blu

All’interno ci si trova in un ambiente calmo, senza il rumore delle automobili, perfetto per degustare la Ginha, il liquore tipico alle amarene o al cioccolato, mentre si ammirano le magnifiche facciate delle case.

Tipico il vasellame ed i piccoli balconi colmi di piante

Esplorando il paese ad un certo punto entro in una chiesa, ma una volta dentro mi trovo circondata da scaffali con migliaia di libri. L’edificio sconsacrato, rivisitato in biblioteca alla metà del secolo scorso, integra la nuova funzione con la struttura esistente in maniera sorprendente. Un sacro luogo per la lettura!

Antica chiesa rivisitata in biblioteca


Ma solamente osservandola dall’alto, si può avere una visione d’insieme della cittadina. Le mura la circondano completamente ed è possibile percorrerne il perimetro in una passeggiata di circa un’ora. Nel percorso è possibile godere di splendide viste sui tetti in tegole di terracotta e le piante fiorite che colorano la città.

La vista della città dalle mura


Nel 1282 la regina Isabella d’Aragona visitò il villaggio. Se ne innamorò a prima vista e da allora fu consuetudine donare alle regine di Portogallo questo bellissimo villaggio. Non mi sorprende perché ancora oggi il paese non ha perso il suo fascino in grado di incantare.

Tomar, luogo ricco di storie e misteri

Parlando di luoghi affascinanti e non ancora largamente conosciuti, non posso non parlare della visita di Tomar. Percorrendo in salita un reticolo di strade strette che si dirama dal centro storico, si raggiunge la cima del colle coronato dal convento-fortezza dei Templari e dell’Ordine di Cristo, ordine religioso e militare nato per difendere il Santo Sepolcro ed i cristiani che vi si recavano in pellegrinaggio.

L’accesso al Convento

Il convento è la maggiore attrazione della cittadina e una delle più importanti opere rinascimentali in Portogallo. Già da fuori svela i suoi simboli: stelle, croci, numeri, proporzioni, segni conservati nella pietra, così come i vicoli, a volte lineari, a volte tortuosi, che formano le croci dell’Ordine di Cristo con ciottoli di fiume scuri..
Con un misto di timore e rispetto si varca la doppia cinta di muraglie che circonda il castello. Bisogna seguire con attenzione il percorso per non perdersi tra l’infinità di chiostri e stanze. Si incontra il Chiostro del Cimitero – usato per svolgervi processioni e dare sepoltura a frati e cavalieri dell’Ordine di Cristo, dei quali si vedono le tombe ai lati – e quello dei Lavaggi, destinato ai lavori domestici.

Uno dei chiostri nel Convento

Le scale elicoidali che conducono sul tetto-terrazzo

La Charola, ossia l’originaria rotonda romanica con il deambulatorio che tutti chiamano semplicemente « Rotonda », è la parte più antica. In un tripudio di romanico (legni dorati e intagliati, trame di eleganti ogive e capitelli a tema vegetale) si racconta che i monaci-guerrieri potessero assistere alle cerimonie religiose montati a cavallo, ed erano tra i pochi mortali che potevano essere alla presenza di Dio senza inginocchiarsi.

Chiostro del cimitero e sala capitolare


All’interno del convento, si possono ricercare le tracce del passaggio dei Templari e scoprire qualcosa in più del loro famoso tesoro. Roberto Giacobbo, nel suo libro dal titolo « Templari. Dov’è il tesoro? » parlando dei luoghi legati ai templari in Italia e nel mondo, sottolinea come ci sia chi avanzi l’ipotesi che si possa trattare di un tesoro di conoscenza, antichi scritti in grado di rivelare all’uomo moderno verità ancora celate e per molti ormai perdute.
Bisogna visitare il Convento con molta attenzione, per scoprire alcuni particolari notevoli, come le raffigurazioni del portale rinascimentale, la singolare simbologia della finestra in stile manuelino della sala del capitolo, l’architettura del chiostro principale e le sale legate ai riti dei templari.
Nel 1580, nel periodo di massimo declino dello Stato portoghese, il re di Spagna Filippo II fu incoronato anche re del Portogallo davanti alla porta della chiesa del convento di Cristo. Della situazione poco felice del paese ne risentì anche il ruolo politico di Tomar e del convento, le cui strutture furono trascurate nei secoli successivi. Solo un recente intervento di manutenzione e restauro ci ha permesso di osservare il complesso architettonico nelle sue forme originarie.

Porto: «la città che ha voglia di essere scoperta»

Passeggiare lungo i terreni in forte pendenza, circondati dalle tipiche architetture che sembrano sovrapporsi, intrecciarsi e trasformarsi in azulejos, è particolarmente bello. La fatica della passeggiata dalla settecentesca Torre dei Chierici fino al molo è stata ricompensata da una cena a base di pesce sul fiume illuminato e da una serie interminabile di scorci e colori.
Se dovessi fare una lista dei motivi per cui la città mi ha conquistato, citerei le facciate colorate che raccontano tanti anni di storie, le barche che si muovono lente nel fiume; l’odore di della cucina tipica, i bar pieni, la simpatia, il baccalà e il vino, la gente ospitale, il mare, le spiagge, il sole..

Praca da Ribeira, su cui si affacciano edifici con forme e materiali della tradizione locale

Senza dilungarmi su Porto, che ritengo una meta assolutamente da visitare, cito le parole di Alvaro Siza, un esimio cittadino che ama la sua città e ha contribuito a renderla migliore. Il premio Pritzker dell’architettura portoghese è considerato un poeta, che trae parte della sua ispirazione immergendosi nella città. Ha raccontato più volte dei pomeriggi passati a disegnare nei caffè, dove cercava concentrazione e anonimato (quando si accorgeva che con il tè e il pane tostato gli davano più attenzione del previsto, cambiava posto), ma preferisce parlare di Porto in relazione alla topografia. È grato di avere a disposizione un supporto fisico straordinario, dice che «dalle sponde del fiume Douro, con i loro salti di quota, puoi guardare la città da angolature sempre diverse. Il suo fascino sta proprio in questo, nella sua disponibilità a essere scoperta».

Foto di Porto dal ponte metallico di Dom Luìs

La biblioteca della facoltà di Architettura di Porto di Alvaro Siza 1986-99

La Casa da Musica di Rem Koolhas, Porto, 2005

L’ultimo giorno è prevista la visita tanto attesa alla Casa da Musica, la nuova sede della Orchestra Nazionale di Porto, un volume sfaccettato di cemento bianco, solido e distinguibile. Trovo questo progetto molto interessante perché stravolge la configurazione tradizionale della sala da concerti per concentrarsi sul rapporto di questo ‘’oggetto’’ con la città. L’impressione è quella di un grande meteorite appena piombato sulla città.

L’accesso alla Casa da Musica


Il Grande Auditorio, concepito come una massa scavata dalla forma solida della costruzione, ha una facciata in vetro ondulato, che apre la sala su Porto e offre la città stessa come un drammatico scenario per spettacoli.

La vetrata ondulata del Grande Auditorio che si protende verso la città

All’interno sono presenti inoltre sale più piccole, spazi destinati a prestazioni più flessibili senza posti a sedere fissi, sale prova, di registrazione, uno spazio didattico, terrazza, bar, una sala di ricevimento, aree di amministrazione ecc..
L’uso di materiali e colori è innovativo e sorprende ogni volta che ci spostiamo da un ambiente all’altro: le pareti del Grande Auditorio sono rivestite in compensato con motivi in legno e dorati, la sala ricevimento è ricoperta dalle piastrelle blu dipinte a mano che rappresentano una scena pastorale tradizionale, le aree pubbliche sono talvolta pavimentate in alluminio.

L’uso dei materiali all’interno della Casa da Musica



Percorrere l’edificio diventa un’avventura architettonica, in cui non c’è un grande perno centrale ma al contrario, un percorso continuo che collega gli spazi intorno al Grande Auditorio attraverso scale, piattaforme e scale mobili.
A volte il pavimento si inclina e si trasforma in seduta per i bambini. In questi spazi i instaura un’atmosfera informale, diversa dalla gerarchia di una sala conferenze o un auditorium. Questa spontaneità permette di condividere conoscenze, mettere in scena esibizioni o semplicemente rilassarsi in maniera non convenzionalmente didattica.

Differenziazione di spazi per dimensioni e flessibilità

Praca de Lisboa – Passeio dos Clèrigos, Balonas e Menano, Porto, 2013

Passeggiando nel cuore di Porto, ci troviamo all’improvviso in un’ambiente diverso, in cui le fitte case colorate si fanno più rade per lasciare spazio ad un pezzo di cielo.

Il tetto verde in cui gli ulivi filtrano le viste sulla città

Si tratta del Passeio dos Clèrigos, un passaggio che rivitalizza una piazza di mercato deteriorata. Non conoscevo gli e architetti nemmeno il progetto, che mi ha sorpreso da subito per la sua originalità.
La struttura prende forma dalla topografia sito e si estende in un paesaggio urbano su tre livelli.

Il Passeio dos Clèrigos dalla strada e dal tetto verde


Al piano terreno si trovano negozi ad altezze diverse che seguono il dislivello della città. Mentre in cima, un tetto verde offre un’ambientazione naturale punteggiata da ulivi locali.
ll livello intermedio contiene lo spazio commerciale che si collega alla libreria storica e alla Torre di Clérigos.
I componenti in calcestruzzo prefabbricati rendono la facciata identificabile e garantiscono ombra all’interno della struttura. Una passerella pedonale al livello del suolo crea un passaggio pubblico che riconnette in maniera nuova il progetto alla città.
Questa giornata stata un’occasione indimenticabile e gratificante nella mia visita in Portogallo, perché ho avuto la possibilità di approfondire il mio interesse per il lavoro di alcuni architetti che amo e vivere in prima persona gli spazi da loro progettati.
Francesca Varotto
Viaggio dal 02/04/2017 al 07/04/2017

Sitografia

http://archquisition.blogspot.it/2014/02/praca-de-lisboapasseio-dos-clerigos.html
http://www.designboom.com/architecture/balonas-and-menano-architects-design-an-urban-garden
http://living.corriere.it/city-guide/design-tour/porto-cosa-vedere/?refresh_ce-cp

Bibliografia

Roberto Giacobbo, Templari. Dov’è il tesoro?, Mondadori, 2010
Roberto Gargiani Rem Koolhaas/OMA, edizione Laterza Architetti e grandi opere, 2010